Quantcast
Channel: Ndrangheta » saggezza
Viewing all articles
Browse latest Browse all 3

‘Ndrangheta: ultime notizie dalla Calabria

$
0
0

Un’altra retata in Calabria, stamattina all’alba, nei confronti di presunti aderenti alla ‘ndrangheta. I carabinieri del Reparto operativo del Comando provinciale di Catanzaro e della Compagnia di Lamezia Terme hanno effettuato un’operazione, denominata “Chimera”, che ha portato all’arresto di 24 persone, tra cui quattro donne, ritenute legate alla cosca di ‘ndrangheta dei Cerra-Torcasio-Gualtieri di Nicastro di Lamezia Terme, con base operativa nella frazione Capizzaglie.

Traffico di armi, condizionamento di appalti pubblici, traffico di droga ed estorsioni sono i reati contestati alle persone arrestate, commessi, secondo l’accusa, dal 2010 ad oggi. L’inchiesta e’ stata coordinata dalla Dda di Catanzaro.

All’operazione, che interessa anche la provincia di Firenze, hanno partecipato oltre 200 carabinieri appartenenti ai Reparti territoriali ed ai “Cacciatori di Calabria”, insieme ad unità cinofile.

http://www.romadailynews.it/cronaca/ndrangheta-capizzaglie-nicastro-lamezia-t-armi-droga-appalti-24-arresti.php

‘Ndrangheta, sequestrati beni per 10 milioni di euro ad affiliati cosca Tegano

Reggio Calabria. Gli uomini del Comando Provinciale di Reggio Calabria, in esecuzione di specifico provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del locale Tribunale, hanno sequestrato, a sogetti ritenuti affiliati alla potente cosca di ‘ndrangheta Tegano,operante nella città, un’ingente patrimonio mobiliare, immobiliare e societario, per un valore complessivo di circa 10 milioni di euro .

Le articolate indagini di polizia giudiziaria, condotte dai Finanzieri del Gruppo di Reggio Calabria e coordinate dalla locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia , hanno messo in risalto la rilevante sperequazione tra i redditi dichiarati e l’incremento patrimoniale registrato negli ultimi anni da parte di imprenditori reggini ritenuti vicini ad una delle cosche di ‘ndrangheta egemone nel capoluogo.

I destinatari del provvedimento di prevenzione sono i noti imprenditori reggini LAVILLA Giuseppe ed i figli Antonio e Maurizio. Già assurti alle cronache cittadine per essere gravemente sospettati di appartenere alla criminalità organizzata e specificatamente alla potente cosca “TEGANO” operante nel Rione Archi.

Numerosi sono i collaboratori di giustizia che hanno fornito utili e riscontrate dichiarazioni nei confronti dei proposti, indicando i Lavilla come imprenditori al soldo della cosca “TEGANO”.

Forte è anche il vincolo familiare tra i LAVILLA ed i TEGANO, infatti LAVILLA Antonio è coniugato con TEGANO Saveria figlia del più noto Giovanni.

Un quadro criminale che non è sfuggito agli uomini delle Fiamme Gialle di Reggio Calabria i quali, su delega della Procura della Repubblica di Reggio Calabria –Direzione Distrettuale Antimafia- hanno ricostruito il patrimonio personale e imprenditoriale dei LAVILLA.

Attraverso un’accurata rielaborazione dei dati fiscali e patrimoniali acquisiti, veniva evidenziata la notevole sperequazione tra redditi dichiarati e l’incremento patrimoniale accertato.

Infatti attraverso un’accurata rielaborazione, sono stati confrontati i numerosissimi dati acquisiti, mettendo in risalto l’aspetto della sperequazione tra redditi dichiarati e l’incremento patrimoniale accertato, per poi procedere ad una nuova e definitiva analisi contabile, che ha consentito di evidenziare un eccezionale arricchimento patrimoniale dei soggetti attenzionati, realizzato nel corso degli ultimi anni.

La complessa attività di ricostruzione effettuata dai militari del Gruppo ha portato la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ad emettere il provvedimento di sequestro eseguito in data odierna con il quale si è sottratto alla ‘ndrangheta un patrimonio illecitamente accumulato tra beni mobili, immobili ed attività commerciali, investito principalmente nel settore dell’edilizia e del noleggio di distributori automatici di alimenti.

Tra le società cadute nella rete dei Finanzieri, spicca la nota CALABRA VENDING s.r.l., leader nella distribuzione di macchine automatiche per la vendita di caffè ed alimenti, con sede proprio nel Rione Archi della città. Azienda che ultimamente stava commercializzando una nuova marca di caffè, chiamato “Caffè Lavilla”.

Tra gli immobili oggetto del sequestro vi è un intero palazzo, in corso di realizzazione.

Nel dettaglio i beni sottoposti a sequestro sono i seguenti:

1) Il 66,66 % delle quote della FI.LA. Games s.a.s. di Reggio Calabria;

2) L’8% delle quote societarie della FUTURVENDING s.r.l. di Villa San Giovanni (RC);

3) capitale sociale, quote societarie e patrimonio aziendale della IMPRESA LAVILLA s.r.l. di Reggio Calabria;

4) capitale sociale, quote societarie e patrimonio aziendale della CALABRA VENDING s.r.l. di Reggio Calabria;

5) capitale sociale, quote societarie e patrimonio aziendale della IMPRESA COSTRUZIONI REGGINE DI LAVILLA Antonio s.a.s. di Reggio Calabria;

6) capitale sociale, quote societarie e patrimonio aziendale della LAVILLA COSTRUZIONI s.r.l. di Reggio Calabria;

7) Il 60% delle capitale sociale della CRISTAL s.a.s. di FICARA Giovanni & C. di Reggio Calabria;

8) Il 60% delle capitale sociale della Bar CRISTAL s.n.c. di Reggio Calabria;

9) Intero capitale sociale, quote societarie e beni aziendali della “BUSINESS COSTRUZIONI” S.r.l. di Reggio Calabria.

10) Una autovettura;

11) Nove unità immobiliari di cui un intero stabile in corso di realizzazione.

http://www.reggiotv.it/notizie/cronaca/36947/-ndrangheta-sequestrati-beni-10-milioni-euro-ad-affiliati-cosca-tegano

‘Ndrangheta: operazione Carabinieri a Crotone, 19 fermi

22 Maggio 2014 – 12:22

(ASCA) – Crotone, 22 mag 2014 – La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha disposto 19 fermi per indiziati di delitto, essendo state accertate una serie di estorsioni ad imprenditori edili, agricoli e turistico-alberghieri del Crotonese. I fermati – si legge in un comunicato dell’Arma -, attraverso minacce, intimidazioni e violenze erano riusciti ad imporre il monopolio nelle costruzioni, anche in ambito privato, nonche’ un vero e proprio racket delle castagne e dell’uva, di cui la ‘ndrangheta decideva i prezzi all’ingrosso ed al dettaglio, con guadagni di centinaia di migliaia di euro, imponendo anche la manodopera. A chi non si adeguava al racket venivano bruciati i camion e tagliati gli alberi e le viti. Scoperta anche una rete di favoreggiatori di latitanti. Disarticolata, inoltre, una fiorente ed articolata attivita’ di spaccio di stupefacenti, e la cocaina era venduta al dettaglio a giovani della provincia di Crotone. Scoperte inoltre due rapine in danno di uffici postali ed una in abitazione, nel corso della quale un anziano era stato legato, imbavagliato e picchiato. Gli associati avevano un’abbondante disponibilita’ di armi. I fermi sono stati eseguiti dai carabinieri del comando provinciale di Crotone a Petilia Policastro ed in altri centri del Crotonese. L’operazione, nome in codice ‘Tabula rasa’ e che ha visto l’intervento questa mattina di un centinaio di militari -, ha disarticolato le cosche e colpiti gli interessi illegali e le ramificazioni nel settore economico, produttivo e sociale. Scoperta anche una rete di favoreggiatori di latitanti. Disarticolata inoltre una fiorente ed articolata attivita’ di spaccio di stupefacenti, e la cocaina era venduta al dettaglio a giovani della provincia di Crotone. Scoperte, inoltre due rapine in danno di uffici postali ed una in abitazione, nel corso della quale un anziano era stato legato, imbavagliato e picchiato. red/res

Confisca di beni per 6 mln a esponente della cosca dei Gallico

22/05/2014

Il provvedimento nei confronti di Antonino Ciappina, di 38 anni, ritenuto dagli investigatori affiliato alla cosca di Palmi, con ramificazioni nel nord Italia. Operazione della Polizia di Stato nel Reggino, Milano e Bergamo.

E’ senza soluzione di continuità l’azione della polizia di Stato contro l’aggressione dei patrimoni illeciti acquisiti dalle cosche della ‘ndrangheta. Il provvedimento di confisca dei beni nei confronti di Antonino Ciappina è stato emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria, che ha accolto la richiesta della Dda. I beni erano stati già sequestrati nel maggio del 2013. Il sequestro e la successiva confisca traggono origine dall’indagine della Squadra Mobile di Reggio Calabria e del Commissariato di Palmi da cui è scaturito il procedimento penale originato dall’operazione “Cosa Mia” nei confronti degli esponenti della cosca Gallico. Dalle indagini era emersa anche l’infiltrazione della cosca nei lavori di ammodernamento del tratto tra Gioia Tauro e Scilla dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. A Ciappina è stato contestato di aver fornito un contributo per la vita dell’associazione. I beni confiscati sono un immobile di circa 300 metri quadrati a Palmi; quote sociali e patrimonio aziendale (comprensivo di conti correnti) della società “Lovena Srl”, con sede legale a Milano che opera nella costruzione di edifici residenziali; quote sociali e patrimonio aziendale (comprensivo di conti correnti) della società “Varedil Costruzioni Srl”, con sede legale a Palmi ed impegnata nell’acquisto, vendita, permuta, locazione e sublocazione di immobili civili, industriali e rustici, nonchè di costruzione di immobili civili e industriali; quote sociali e patrimonio aziendale (comprensivo di conti correnti) della società “Diana Pallet Srl”, con sede legale in Treviglio (Bergamo) che opera nel settore del commercio all’ingrosso di legname, operazioni di facchinaggio, trasporto merci e manovalanza in genere; lavori di pulizia in genere; patrimonio aziendale dell’impresa individuale “Outlet della frutta con sede legale in Mozzanica (Bergamo) che opera nel settore del commercio di frutta e verdura e polizze assicurative ed altri conti correnti, libretti di deposito al portatore o nominativi. (ANSA)

(ANSA) – PALMI (REGGIO CALABRIA), 28 MAG – Sedici persone sono state condannate e pene variabili dai 2 ai 18 anni nel processo contro gli esponenti della cosca della ‘ndrangheta dei Pesce di Rosarno. Durante la lettura della sentenza, emessa dai giudici di Palmi, si sono verificati momenti di tensione con alcuni parenti degli imputati che sono svenuti ed altri che urlavano. La condanna più alta, 18 anni, è stata inflitta a Giuseppe Pesce, figlio del boss Antonino.

Processo Califfo. Condanne per oltre 150 anni di carcere per la cosca Pesce

Palmi (Reggio Calabria). Il Tribunale di Palmi, Antonio Battaglia presidente, Claudio Paris e Anna Laura Ascioti giudici, ha pronunciato la sentenza del processo “Califfo”, scaturito dalla due operazioni, Califfo e Califfo 2, contro il clan Pesce di Rosarno e poi riunite in un unico procedimento.
Le due indagini si sono concluse rispettivamente nel febbraio e nell’aprile 2012 quando i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria e il ROS hanno eseguito un provvedimento di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, e ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Reggio Calabria, nei confronti di presunti appartenenti alla ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata cosca “Pesce”, operante nel territorio di Rosarno (RC) e zone limitrofe, responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso e intestazione fittizia di beni.
In particolare, durante le indagini si è arrivati al sequestro di un pizzino scritto in carcere da Francesco Pesce, col quale, secondo l’impianto accusatorio, trasmetteva la reggenza della cosca al fratello Giuseppe.
Durissime le condanne inflitte, in accoglimento delle richieste del pm della DDA di Reggio Calabria, Alessandra Cerreti, la Corte ha comminato in totale oltre 150 anni di carcere. Due sole le assoluzioni piene, per Giuseppe Fabrizio e Maria Rosa Angilletta, perché il fatto non costituisce reato; Domenico Fortugno assolto limitatamente al reato ascritto al capo A, per non aver commesso il fatto. La Corte, inoltre, ha stabilito il risarcimento in favore del Comune di Rosarno, costituitosi parte civile, da liquidarsi in separata sede, con una provvisionale di 100 mila euro. Stessa cosa per la Regione Calabria e la Provincia di Reggio Calabria, alle quali è stata riconosciuta una provvisionale di 30 mila euro ciascuno. Infine la Corte ha ordinato la confisca della “Calabria Trasporti S.A.S. con sede legale in Rosarno e della “Medma Trans S.A.S. con sede legale in Rosarno.

Di seguito le condanne comminate:

  • Giuseppe Pesce, 18 anni di reclusione,
  • Biagio Delmiro, 14 anni e 8 mesi,
  • Saverio Marafioti, 14 anni e 8 mesi,
  • Domenico Sibio, 14 anni,
  • Danilo D’Amico, 13 anni e 4 mesi,
  • Rocco Messina, 13 anni e 4 mesi,
  • Francescantonio Muzzupappa, 13 anni e 4 mesi,
  • Giuseppe Rao, 13 anni e 4 mesi,
  • Francesco Antonio Tocco, 13 anni e 4 mesi,
  • Ilenia Bellocco, 12 anni,
  • Domenico Fortugno, 5 anni,
  • Maria Carmela D’Agostino, 2 anni e 8 mesi,
  • Demetrio Fortugno, 2 anni e 8 mesi,
  • Maria Grazia Spataro, 2 anni e 8 mesi.

http://www.newz.it/2014/05/28/processo-califfo-condanne-per-oltre-150-anni-di-carcere-per-la-cosca-pesce/198652/

‘Ndrangheta, maxi sequestro della DIA: colpiti beni per 13 mln di euro

Reggio Calabria. La Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria – a seguito di una proposta di applicazione di misura di prevenzione personale e patrimoniale formulata dal Direttore della D.I.A., Arturo DE FELICE – ha dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo di beni emesso dal Tribunale di Reggio Calabria – Sez. Mis. di Prev., presieduto dalla Dssa. Ornella PASTORE, nei confronti di ROMANO Nicola, di 65 anni, nativo di Antonimina (RC), operaio forestale, ma che di fatto svolgeva l’attività di imprenditore, occupandosi delle imprese di famiglia, gestendo direttamente la realizzazione di opere pubbliche ed il taglio boschivo, forte del legame mantenuto per diversi anni, con la famiglia mafiosa dei CORDÌ attiva a Locri (RC). In atto si trova in regime di detenzione carceraria.

ROMANO Nicola ha rivestito un ruolo di primissimo piano nell’ambito delle consorterie mafiose operanti nella fascia ionica reggina, in qualità di capo del “locale” di Antonimina (RC), come evidenziatosi dalle risultanze investigative dell’operazione “Saggezza” dell’ottobre 2012, condotta da personale del Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri di Reggio Calabria.
In particolare, nell’ambito della predetta operazione sfociata con l’esecuzione, il 14 novembre 2012, dell’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP di Reggio Calabria in data 31.10.2012, nei confronti di 33 soggetti, ROMANO Nicola è risultato imputato dei reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni ed altro.
ROMANO Nicola, oltre ad essere “capo del locale di Antonimina” è risultato altresì svolgere il ruolo apicale di “capo consigliere” della “Sacra Corona”, struttura criminale con a capo MELIA Vincenzo, cl. ’29, posta superiormente ai “locali di ‘ndrangheta” dislocati ed operanti sui territori di Antonimina, Ciminà, Ardore, Cirella di Platì e Canolo, tutti Comuni siti nella fascia ionica della provincia reggina. La “Sacra Corona” vantava legami criminali con gli esponenti criminali delle principali famiglie mafiose della provincia reggina, quali i COMMISSO di Siderno, i CORDÌ di Locri, i PELLE di San Luca, gli AQUINO di Marina di Gioiosa Jonica, i VALLELUNGA di Serra San Bruno, i BARBARO di Platì, gli IETTO di Natile di Careri, i PRIMERANO di Bovalino e con personaggi di assoluto spessore criminale all’interno della ‘ndrangheta, quali, tra gli altri, MAESANO Giovanni e TRIPODO Antonino.
Il ROMANO Nicola, avvalendosi della collaborazione e dell’interposizione fittizia di altri soggetti a lui legati anche da vincoli parentali si è garantito, attraverso le ditte di cui è risultato essere effettivo titolare, l’accaparramento di lavori nel settore dell’edilizia pubblica ricadenti nella zona di influenza della cosca di riferimento.
Il ROMANO, in merito alle accuse mossegli nell’operazione Saggezza, è stato rinviato a giudizio con decreto del 3.10.2013 del GIP di Reggio Calabria per 35 capi di imputazione.
Il Tribunale – Sez. Misure di Prevenzione – di Reggio Calabria lo ha ritenuto soggetto socialmente pericoloso sia perché gravemente indiziato di appartenenza alla ‘ndrangheta che soggetto abitualmente dedito a traffici delittuosi e che vive in tutto o in parte dei proventi illeciti.
Le determinazioni dei Giudici della Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria sono scaturite da una articolata ed esaustiva attività di indagine patrimoniale, condotta dal Centro Operativo D.I.A. di Reggio Calabria, volta a verificare le modalità di acquisizione del cospicuo patrimonio societario e personale riconducibile al ROMANO, il quale negli ultimi anni aveva incrementato in modo esponenziale la propria attività con l’accaparramento di numerose commesse pubbliche non solo in Calabria, ma anche in tutto il territorio nazionale e nel Nord Italia, in particolare agevolando, oltre che le proprie, anche le aziende del genero SICILIANO Massimo, soggetto anch’egli colpito da OCC nell’operazione SAGGEZZA ed i cui beni aziendali sono stati sottoposti a sequestro con provvedimento emesso dalla Sezione Misure Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, sempre su proposta del Direttore della DIA, dal Centro Operativo DIA di Reggio Calabria, nello scorso mese di aprile.
Gli accertamenti evidenziavano un’evidente sproporzione tra gli investimenti effettuati dal ROMANO rispetto alle risorse lecite di cui poteva disporre lo stesso unitamente al proprio nucleo familiare.
Con il provvedimento adottato a carico del ROMANO è stato disposto il sequestro del patrimonio riconducibile al medesimo, stimato in circa 13 milioni di euro, tra cui figurano, in particolare:
(1)Intero Patrimonio Aziendale della “Ditta Individuale LA RADICA DI FAZZARI TERESA”, con sede in Antonimina (RC), esercente attività di fabbricazione di prodotti in legno;
(2)Intero patrimonio Aziendale e intero Capitale Sociale della “DUE MONTI LEGNAMI Srl” (Cf.02510480805), con sede in Antonimina (RC), esercente attività di commercio all’ingrosso di legnami;
(3)Intero patrimonio Aziendale e intero Capitale Sociale della “M.A.R. Srl uni personale” (Cf. 02493030809), con sede in Antonimina (RC) attiva nel settore produzione calcestruzzo;
(4)Intero patrimonio Aziendale della “Ditta Individuale LE VIE DEL LEGNO DI POLLIFRONI Carmine”, (C.f.:PLLCMN 72D26L063P e P.iva nr.02261190801) con sede in Antonimina (RC), esercente attività di industria boschiva e di coltivazione ortaggi, colture olivicole e cerealicole;
(5)47 immobili, tra cui circa 31 appezzamenti di terreno per un’estensione complessiva di circa 22 ettari di terreno coltivato, 7 appartamenti per civile abitazione, un capannone adibito a stabilimento industriale di circa 900 mq, diversi magazzini e fabbricati rurali;
(6)disponibilità finanziarie aziendali e personali in fase di quantificazione.
Giovedì 29 maggio 2014

‘Ndrangheta: “Show down”, in appello confermate 9 condanne

Si è concluso con una condanna lievemente ridotta e nove confermate il giudizio d’appello nei confronti di dieci degli imputati coinvolti nell’operazione “Show down”, condotta dai carabinieri e dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro contro presunti appartenenti alla cosca Sia-Procopio-Tripodi attiva nell’area ionica del Soveratese, che in primo grado scelsero l’abbreviato. Rispetto a quella prima sentenza, emessa il 22 aprile del 2013, i giudici della Corte d’appello di Catanzaro (presidente Anna Maria Saullo, consiglieri Maria Teresa Carè e Vincenzo Galati) hanno ridotto la condanna già inflitta a Francesco Vitale, per il quale è stata esclusa l’aggravante della “mafiosità”, da 1 anno di reclusione e 300 euro di multa a 8 mesi e 200 euro.

Le altre condanne sono state confermate: a 6 anni di reclusione per Vincenzo Alcaro, 47 anni, nato a Soverato, il brigadiere dei carabinieri in servizio al reparto operativo del Comando provinciale di Catanzaro, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa perché, secondo le ipotesi degli inquirenti, avrebbe fornito ai componenti dell’associazione mafiosa informazioni sulle operazioni di servizio che venivano svolte dai suoi colleghi nei confronti della stessa cosca Sia-Procopio-Tripodi; a 5 anni e 8 mesi per Vincenzo Bertucci; a 7 anni 6 mesi e 20 giorni per Patrick Vitale; a 4 anni e 935 euro per Panni’a Salvatore; a 4 anni e 8 mesi per Angelo Procopio; a 3 anni e 4 mesi per Bruno Procopio; a 6 anni e 8 mesi per Giuseppe Santo Procopio; a 6 mesi 20 giorni e 1000 euro per Vincenzo Ranieri; a 1 anno e 4 mesi per Vincenzo Todaro. In primo grado il gup distrettuale aveva sentenziato anche altre due condanne – 1 anno per Giuseppina Mirarchi; 8 mesi e 1735 per Pietro Danieli -, ma gli imputati non sono giunti in questa sede d’appello, e tre assoluzioni. Le indagini di “Show down” hanno avuto inizio dalla scomparsa di Giuseppe Todaro per un caso di “Lupara bianca”, avvenuta il 22 dicembre 2009.

Il blitz fu portato a termine in due diverse tranche, una scattata all’alba del 15 dicembre 2011, per l’esecuzione di un provvedimento di fermo a carico di diciotto persone, e una che risale al 10 maggio scorso, per la notifica di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di dodici persone e di obbligo di firma per altre tre. Le accuse complessivamente contestate nell’inchiesta, a vario titolo, vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso, al sequestro di persona, estorsione, rapina, ricettazione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, omicidio e occultamento di cadavere.

L’inchiesta condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro e della Compagnia di Soverato, a cui ha collaborato anche il Ros, ha ricostruito i contrasti interni sorti tra gli schieramenti una volta uniti dei Sia e dei Todaro, sostenuti rispettivamente dalla cosche Vallelunga e Novella da un lato e Gallace dall’altro. Una frattura che ha portato a una vera e propria guerra di mafia con decine di omicidi commessi tra il 2009 e il 2011. (AGI)


Viewing all articles
Browse latest Browse all 3

Latest Images

Trending Articles